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Categoria: ESUBERI SAIT
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Facciamo il punto sulla questione Sait - a cura di Gabriele Goller

 

  

 

Giovedì 28 dicembre 2017

 

A qualche giorno di distanza dalla chiusura della procedura di licenziamento collettivo cerchiamo di riordinare le fasi di una contrattazione lunga e difficile. Fin dall’inizio di questa vicenda l’intento della Fisascat è stato chiaro; diminuire l’impatto drammatico dei 130 esuberi dichiarati da Sait!

Durante tutta la fase di concertazione ci si è concentrati su come fosse possibile diminuire il numero dei licenziabili e, attraverso una serie di accordi raggiunti con senso di responsabilità e tenacia, si è passati da 130 a 116, un numero destinato ad essere ricorrente e ricordato.

Naufragato in un mare di tatticismi esasperati il primo tentativo di conciliazione con l’azienda nei 45 gg. indicati dalla procedura, ci si è ritrovati sul tavolo del Servizio Lavoro della PAT, con ulteriori 30 gg per trovare una quadra. In questo scenario, reso ancora più complicato dalla mancanza di tempo, in cui ci si è confrontati con azienda, servizio lavoro, sigle sindacali ed esigenze dei lavoratori, si è giunti alla stipula di una ipotesi di accordo da sottoporre ai lavoratori di Sait.

L’assemblea di presentazione del testo, nella quale si sarebbe dovuto ricevere un mandato chiaro e incontrovertibile, ha assunto fin da subito dei toni che non hanno permesso a tutti i lavoratori di esprimere la loro opinione, lavoratori che, al termine dell’assemblea stessa, si sono rivolti alle proprie RSA e ai segretari presenti chiedendo di avere uno spazio per dire la propria.

Da questa richiesta più che legittima è sorta la necessità di mettere in votazione l’accettazione o il rifiuto dell’ ipotesi di accordo.

In ballo, è bene ricordarlo, c’era molto. L’accettazione dell’ipotesi avrebbe portato:

- la diminuzione degli esuberi da 116 a 80 

- la garanzia da parte della Federazione di rioccupazione di 20 figure che di fatto avrebbe abbassato ulteriormente gli esuberi a quota 60

- un incentivo all’esodo pari a 1.300.000 €

- un piano sociale per gestire situazioni di crisi simili a questa.

- una riorganizzazione del premio di presenza sui magazzini, legato alla produttività e spalmato su tre anni che di fatto praticamente azzera gli esuberi in questi reparti ed evita l’uscita di 25 dipendenti nel magazzino.

Il rifiuto avrebbe portato 116 licenziamenti, nessun incentivo all’esodo, l’applicazione, quasi totalmente soggettiva, dei criteri di scelta individuati dall’azienda, nessuna tutela sulla sostenibilità dei magazzini, nessun piano sociale e nessun intervento a garanzia della ricollocazione del personale licenziato.

La votazione era inevitabile, non è concepibile che sia un sindacato a prendere le decisioni al posto dei lavoratori. Il sindacato è uno strumento in mano ai lavoratori e offre loro tutto il sostegno di cui hanno bisogno, non può ergersi a leader e dare indicazioni su ciò che sarebbe meglio fare!

Questo è il risultato di un percorso che organizzazioni sindacali e lavoratori hanno responsabilmente intrapreso assieme con lo scopo di mantenere l’occupazione e dare una prospettiva ai dipendenti.

Ora, a chi pensa che la vicenda sia finita qui, noi diciamo che il lavoro più importante viene adesso, è ora che si dovrà lavorare con ancora più responsabilità e impegno per tutelare chi rimarrà in azienda e chi la lascerà.

 

 

 

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Immagini, grafica e impaginazione by Alberto Pontalti